Noi esseri umani condividiamo una dotazione di base fatta di emozioni fondamentali da cui si sviluppa e si articola la miriade di tonalità e sentimenti che ci rendono esseri complessi.
La sensazione di ansia corrisponde al sentimento dell'angoscia, siamo nel territorio della paura come emozione di base.
La reazione spontanea è la ricerca di protezione, la fuga, l'attacco o il congelamento.
Quando eccitazione, vitalità ed entusiasmo decrescono nella nostra esperienza si trasformano in ansia, angoscia, paura e quando questo accade ripetutamente nel tempo questo diventa una forma cronica di risposta alle sollecitazioni dell'ambiente.
Si vengono a sviluppare reazioni rigide e cronicizzate e così perdiamo la capacità di esplorare le nostre potenzialità e con esse di dare pieno soddisfacimento ai bisogni.
Così facciamo esperienza di una insoddisfazione perenne che può raggiungere l'apice della perdita del senso di vitalità.
Diversamente dall'ansia, l'attacco di panico è un'esperienza che accade improvvisamente, squarciando il continuum del vissuto della persona.
Uno sconvolgente e repentino capovolgersi dello stato psico-fisico ed emozionale abituale che la persona colloca precisamente nel tempo.
È una profonda quanto repentina frattura della propria normalità cioè del terreno familiare su cui ci appoggiamo e che diamo per scontato in modo automatico.
Dopo il primo attacco di panico inizia la perdita nella fiducia e affidabilità degli altri contatti che sembravano scontati: “Posso fidarmi del mio corpo? Della capacità di orientarmi? Delle persone intorno a me?”.
La paura che questo ground, questo terreno possa crollare ci blocca perennemente sul controllo di ciò che prima era uno sfondo, dato per scontato ed ora diventa l'abisso temuto e al quale siamo impreparati.
Nel lavoro terapeutico è possibile rimarginare la frattura del continuum attraverso l'attribuzione di senso e la riconnessione con le proprie “appartenenze” all'interno di una relazione terapeutica nutriente e “solida”.